La lapide murata nella spalla di destra della finestra sopra il portico della chiesa di Santa Pudenziana, ha una scritta misteriosa che ha messo in difficoltà per anni un gran numero di esperti fino a quando, qualche anno fa, lo storico Bruno Marone nonché vicesindaco di Narni ha svelato l’arcano che ha dell’affascinante.
A portare fuori strada c’era anche la scritta in fondo alla lapide: “Pesac” .
La lapide di fatto rappresenta un Calendaro Perenne e da quei numeri si può ricavare il giorno in cui arriva la Pasqua, festa mobile per eccellenza.
Un Calendario Perpetuo, valido anche per il Ventesimo secolo, che da un’indicazione certa ai fedeli.
Va fatto un piccolo accenno al periodo: quella chiesa, chiamata originariamente Santa Maria de Visiano, fu costruita dall’abate Pietro e da suo nipote Adriano proprio a cavallo dell’anno Mille.
«Possiamo essere anche più precisi: la costruzione della chiesa iniziò dopo il 998 ed era certamente terminata nel 1036».
Un’altra cosa, da tener presente è il calendario dell’epoca, quello giuliano e che, ovviamente, risaliva a Giulio Cesare.
La lapide è fatta da una serie di numeri romani scanditi da uno a quattro; la ripresa, nella riga seguente, non è costituita dal numero di serie ma da quello successivo.
Si tratta di sette file di numeri più uno, esattamente il «tre», posto al termine della prima fila.
Allora quei numeri indicano il giorno della caduta della Pasqua dopo la luna piena di primavera.
Il ciclo è di 28 anni, più uno perché si tratta di anno lunare e non solare.
E nel calendario giuliano fare tre volte 29 anni solari occorrono-29 anni lunari più uno».
Questa pietra è un “unicum“, ma di certo che al popolo erano noti i meccanismi per la determinazione della Pasqua.
Per quanto riguarda la scritta PESAC, in fondo alla lapide il significato è “ Petrus sacerdos” e sarebbe la firma di colui che aveva pensato alla realizzazione della stessa.
Però la stessa parola in ebraico significa, anche Pasqua.
L’aspetto interessante è che l’abate Pietro era un aquitano, un francese quindi, portato in Italia da Gerberto di Aurillac, meglio conosciuto come papa Silvestro II, maestro di Ottone III, l’imperatore tedesco assiduo frequentatore di Narni. Per l’opinione dei sapienti del tempo Silvestro II era un dotto e negromante e l’Abate Petrus aveva sicuramente acquisito conoscenze di alta taratura che ha esternato nell’architettura della chiesa da lui costruita.
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